In questo libro l'autore concentra l'attenzione su alcuni momenti significativi dello sviluppo della teoria politica europea collocati fra il basso Medioevo e la prima età moderna. All'inizio del XIII secolo, quando molti dei comuni più ricchi del Regnum Italicum acquisiscono lo status di repubbliche indipendenti e si dotano di costituzioni scritte allo scopo di garantire i propri ordinamenti fondati sull'autogoverno, i dictatores iniziano a scrivere libri di consigli per i capi di queste comunità, indicando nel sistema elettivo l'unico strumento in grado non solo di scongiurare "dissensioni" interne e guerre esterne, ma anche di rendere la città "grande" e "gloriosa". Accanto a caratteri, fonti e storia della trattatistica pre-umanistica, Skinner analizza la più importante rappresentazione visiva delle re-pubbliche cittadine italiane e delle "virtù" dei magistrati: si tratta dei cosiddetti "Affreschi del buon governo", dipinti da Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pub-blico di Siena verso il 1340. Alla metà del XIV secolo, tuttavia, sono già molti gli autori che, considerando l'autogoverno responsabile dell'endemico e sfibrante conflitto cittadino, vengono a legittimare il passaggio – assai frequente all'epoca – dal comune al principato. Anche se questa transizione non coinvolge Firenze e Venezia, che continuano a produrre una letteratura politica in cui i valori e la prassi dei regimi repubblicani vengono vigorosamente riaffermati, si diffonde sempre più nel Regnum Italicum un tipo di letteratura finalizzato ad istruire il "signore" dell'Alto Rinascimento. In tale contesto, a giudizio di Skinner, va letto Il principe (1513) di Niccolò Machiavelli, un'opera che rappresenta un ulteriore contributo al genere della letteratura ad uso del signore e – al medesimo tempo – un attacco satirico al suo assunto fondamentale, secondo cui la virtù principesca è la chiave d'accesso alla gloria e alla grandezza. Se, nella visione umanistica della politica, il fine fondamentale di ogni governante risulta sempre quello di mantenere lo Stato, per usare la celebre espressione machiavelliana, cioè di conservare la propria posizione di principe, in seguito questa concezione lascia il posto all'idea ben più astratta di un apparato indipendente, che è compito di ogni governante mantenere. Ricostruendo i caratteri di quest'importante metamorfosi concettuale, Skinner non manca di soffermarsi sul pensiero politico di Thomas Hobbes, di colui – cioè – che per primo e con assoluta consapevolezza viene a collocare al cen-tro della politica non più la persona del governante, ma la persona puramente artificiale dello Stato.